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7 aprile 2014 1 07 /04 /aprile /2014 15:21

Efesini 1:15-23

“Per questo motivo, avendo sentito della vostra fede nel Signore Gesù e del vostro amore per tutti i santi, non cesso di rendere grazie per voi, facendo menzione di voi nelle mie preghiere, affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione nella conoscenza di lui, essendo stati illuminati gli occhi del vostro cuore affinché sappiate a quale speranza ci ha chiamati, quale è la ricchezza della gloria della sua eredità tra i santi e quale sia l’immensità della sua potenza verso di noi che crediamo, nella misura dell’energia prodotta dalla forza della sua potenza. Si tratta della stessa potenza che operò in Cristo risuscitandolo dai morti e che l’ha fatto sedere alla Sua destra nei luoghi celesti, al di sopra di ogni principato e autorità e potenza e signoria e ogni nome che si nomina, non solo nell’età presente ma anche in quella futura e ha posto ogni cosa sotto i suoi piedi e ha dato lui come capo sopra ogni cosa nella chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che porta a compimento tutte le cose in tutti”.

Il posto della preghiera

nel ministerio degli apostoli

Il contenuto di questa preghiera è talmente interconnesso con una tale ricchezza di linguaggio, che ogni tentativo di dividerla sembra improprio. Essa va letta e riletta per lasciarsene trasportare, per mezzo dello Spirito Santo, laddove si trova Cristo, nei luoghi celesti.

La nostra meditazione del brano si articolerà in:

il motivo della preghiera di Paolo,

• le cose per cui lui prega e

• il contributo del brano alla cristologia e all’ecclesiologia.

Ma innanzitutto appare appropriato osservare l’importanza che aveva la preghiera nella vita degli apostoli e, in particolare, nell’apostolato di Paolo.

Il libro degli Atti ci informa che i dodici apostoli ritenevano prioritario dedicarsi “alla preghiera e al ministero della Parola” (At 6:4).

Ecco perché si trovavano ripieni dello Spirito Santo e di potenza quando, senza preavviso, si presentarono delle opportunità di testimonianza davanti sia al popolo sia alle autorità (At 2:35; 4:8). A questo proposito Pietro conferma che, nei tempi apostolici, la predicazione apostolica avveniva “mediante lo Spirito Santo inviato dal cielo” (1P 1:12). Inoltre secondo il racconto degli Atti quasi ogni nuova iniziativa nasceva nel contesto della preghiera.

Quanto all’apostolo Paolo, lui ebbe a scrivere questo nella sua lettera ai Filippesi:

“Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù” (Fl 4:6-7).

In un’altra lettera Paolo fa sapere che lui stesso era “assillato ogni giorno dalle preoccupazioni che mi vengono da tutte le chiese” (2Co 11:28). Per Paolo queste preoccupazioni costituivano un motivo per pregare per le singole chiese e nello stesso tempo per ringraziare Dio per ogni evidenza di crescita spirituale e impegno in vista del progresso del Vangelo.

Sappiamo questo dalle sue lettere che spesso danno una notizia al riguardo oppure contengono una vera e propria preghiera, poco dopo l’iniziale saluto epistolare (si veda Ro 1:8-12; 1Co 1:4-9; Ef 1:15-23; Fl 1:3-5; Cl 1:3-12; 1Te 1:2-3; 2Te 1:11-12; 2Ti 1:3; Fi vv. 4-6).

I conduttori delle chiese nel mondo occidentale farebbero bene a prendere esempio dagli apostoli in questo campo. Se lo facessero, quando sorgono delle difficoltà all’interno delle chiese oppure delle sfide dall’esterno, spenderebbero più tempo in preghiera prima di mettersi a tavolino per decidere il da farsi.

Il motivo della preghiera di Paolo (1:15-16)

Non era a motivo di qualche problema che i lettori stavano affrontando o perché erano caduti in peccato che Paolo ne faceva sempre menzione nelle sue preghiere.

A spingerlo a pregare per loro erano le buone notizie che gli giungevano della loro “fede nel Signore Gesù”e del loro “amore per tutti i santi” (v. 15). Questo riferimento a ciò che aveva sentito sul loro conto fa comprendere che Paolo aveva in mente dei destinatari precisi, anche se non limitati ai santi di Efeso.

La fede degli Efesini, e delle chiese dell’Asia in generale, è ben testimoniata dagli eventi raccontati in Atti capitolo 19. Quanto all’“amore per tutti i santi”, evidentemente questa manifestazione della nuova vita faceva parte del loro “primo amore”; infatti sappiamo che qualche decennio dopo questo “primo amore” sarebbe venuto a mancare nella chiesa di Efeso (Ap 2:4).

Queste buone notizie giuntegli spingevano Paolo a ringraziare Dio per i suoi lettori, ma il motivo per cui faceva menzione di loro nelle sue preghiere (v. 16) era un altro, come fa capire la parola “perciò” con cui il brano inizia. Questa parola rimanda al brano precedente (1:3-14). Le benedizioni spirituali di cui gli Efesini godevano in quanto “santi” facevano di loro un soggetto valido per cui pregare.

Paolo voleva che le benedizioni spirituali ricevute diventassero un trampolino di lancio per un’ulteriore crescita nella grazia di Dio, nella prospettiva stabilita dal disegno benevolo di Dio.

Le cose per cui pregava (1:17-19)

I soggetti della sua preghiera sono tre, di cui nessuno era legato al benessere temporale dei lettori. Questo non vuol dire che sia sbagliato pregare per il pane quotidiano, qualcosa che Gesù invita tutti i suoi discepoli a fare (Mt 6:9,11; cfr. 28:20).

Intanto sappiamo che Gesù si occupa di questi bisogni pratici dei suoi discepoli, assicurando loro che Dio provvederà cibo e vestiti per tutti quelli che danno priorità al suo regno e alla sua giustizia.

Ma nello stesso discorso Gesù avverte di non accumulare tesori sulla terra, bensì in cielo (6:19-21, 31-34). In piena armonia con questa scala di valori, la preghiera di Paolo verte su ciò che può far avanzare “il disegno benevolo” di Dio e che ha una portata eterna.

Il primo soggetto è così articolato:

“affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione nella conoscenza di lui” (v. 17).

Questa prima richiesta è legata all’ultima delle benedizioni descritte nei vv. 3-14, ovvero, la presenza dello Spirito Santo nella loro vita.

La rivelazione che proviene da Cristo, che consiste nella conoscenza di lui, giungeva alla chiesa per mezzo dello Spirito Santo (Gv 16:13-15). Chi riceveva questa rivelazione acquisiva una conoscenza di Cristo e un tipo di sapienza ben diversi da quella che appartiene allo “spirito del mondo” (si veda 1Co 2:1-16; 2Co 4:16).

Quanto al titolo “il Padre della gloria, che si trova soltanto qui nel Nuovo Testamento, Bruce commenta:

“Dal momento che Dio è la fonte di ogni vera gloria, può essere ben definito «il Padre della gloria», come è chiamato nel Salmo 29:3 (LXX Sl 28:3) e Atti 7:2, «il Dio della gloria»”.

Il secondo soggetto è strettamente legato al primo:

“...essendo stati illuminati gli occhi del vostro cuore affinché sappiate a quale speranza ci ha chiamati, quale è la ricchezza della gloria della +*sua eredità tra i santi” (v. 18).

L’illuminazione fornita dallo Spirito Santo crea una nuova prospettiva e, di conseguenza, un nuovo orientamento di vita: la speranza a cui siamo stati chiamati. Paolo prega per una comprensione di questa speranza .perchésarà la consapevolezza della ricchezza che abbiamo ereditata in Cristo a dare direzione alla nostra vita sul piano pratico.

L’espressione “gli occhi del cuore” rende bene il concetto di essere effettivamente illuminati come premessa necessaria per maturare delle forti convinzioni. Senza tale illuminazione potrebbe sembrare esagerato il valore che Dio attribuisce ai santi, indicato con le parole: “quale è la ricchezza della gloria della sua eredità tra i santi”. Invece, grazie all’illuminazione dello Spirito Santo sappiamo di essere l’eredità di Dio, in virtù della nostra posizione “in Cristo”.

A questo proposito Bruce scrive:

“Il modo in cui Dio stima il popolo di Cristo, unito con lui per fede e partecipi della sua vita di risurrezione, corrisponde necessariamente a come stima Cristo stesso. Paolo prega qui che i suoi lettori possano apprezzare il valore che Dio attribuisce loro e il suo piano di compiere il suo disegno eterno per mezzo di loro, come la primizia della sua opera di riconciliazione nell’universo.” Sempre secondo Bruce, l’obiettivo della preghiera dell’apostolo sarebbe: “affinché le loro vite siano in sintonia con questa alta vocazione e che sapranno accettare con umiltà e gratitudine la grazia e la gloria elargite su di loro”.

Il terzo soggetto della preghiera di Paolo fa comprendere che è la norma per i santi aspettarsi che Dio faccia grandi cose per mezzo di loro:

“...e quale sia l’immensità della sua potenza verso di noi che crediamo, nella misura dell’energia prodotta dalla forza della sua potenza” (v. 19).

L’illuminazione dello Spirito Santo serve anche per rendere consapevoli dell’immensità della potenza di Diooperante nella nostra vita.

Vista la natura spirituale della potenza di Dio, potrebbe sfuggirci, particolarmente in contesti di persecuzione, la sua immensità. Si tratta della stessa potenza che era all’opera nella risurrezione di Cristo (v. 20).

Come Paolo scrive altrove: “Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo Gesù dai morti vivificherà anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi” (Ro 8:11).

Per non vivere nel timore degli uomini increduli, particolarmente in contesti di persecuzione, e per non rimanere fermi quando potremmo tentare grandi cose nel nome del Signore, bisogna essere consapevoli dell’immensità della potenza all’opera in noi. In definitiva, si tratta del Signore che è lo Spirito per mezzo del quale Cristo vive in noi (Cl 1:27; 2 Co 3:18).

Il contributo del brano alla cristologia e all’ecclesiologia (1:20-23)

Non di rado nelle lettere di Pietro e Paolo, la menzione di Cristo diventa l’occasione per approfondire qualche aspetto inerente la sua persona e opera. Il contenuto della preghiera di Paolo riportata nel nostro brano non fa eccezione, come indica il pronome relativo tradotto “questa” nella Nuova Riveduta (v. 20). I due eventi che, più di qualunque altra cosa, hanno manifestato l’efficacia della potenza che è ora all’opera nei santi, sono la risurrezione di Cristo e la sua ascensione che lo portò a sedersi alla destra del Padre “nei luoghi celesti”.

L’ascensione era implicita nella risurrezione – il trionfo – di Cristo e assicura a coloro che sono “in Cristo” la possibilità di vivere vittoriosamente in qualsiasi contesto, rivolgendosi al trono della grazia (Eb 4:14-16).

Chi dubita della verità storica della risurrezione di Cristo e quindi anche della verità storica della sua ascensione e insediamento come sommo sacerdote del nuovo patto, evidentemente ha un’idea inadeguata della potenza del vero Dio Creatore. Più comprenderà la natura e la portata di questa potenza e più non soltanto accetterà la parola dei testimoni della risurrezione e dell’ascensione di Cristo, ma potrà comprendere pure la sua efficacia nell’operare salvezza e trasformazione nella propria vita.

Subito dopo le parole “luoghi celesti” (v. 20) che descrivono dove Cristo è seduto ora, vengono menzionati degli altri esseri che abitano i luoghi celesti: “ogni principato, autorità, potenza, signoria” (v. 21; cfr. 3:10; 6:10-12). La precisazione che Cristo è “al di sopra” di questi non solo afferma la supremazia di Cristo ma, inoltre, rispecchia il fatto che ci sono vari gradi di autorità nella realtà che a noi rimangono invisibili. È confortante sapere che la supremazia di Cristo rimarrà “non solo in questo mondo, ma anche in quello futuro”. Infatti “ogni cosa egli ha posta sotto i suoi piedi e lo ha dato per capo supremo alla Chiesa” (v. 22).

Dopo la parentesi cristologica Paolo definisce ciò che i santi costituiscono nel loro insieme: “la Chiesa, che è il corpo di lui” (vv. 22-23). Inoltre fa un’affermazione che lega la profezia di Gesù: “io edificherò la mia chiesa”(Mt 16:18) al proseguimento del progetto che vede Cristo portare “a compimento ogni cosa”. Infatti la Chiesa, di cui hanno il privilegio di far parte anche coloro che giungono alla fede dal paganesimo, viene inquadrata come parte del progetto grandioso che vedrà riconciliarsi ogni cosa con Dio, grazie alla potenza che ha operato efficacemente nella croce di Cristo, nella sua risurrezione e nella sua esaltazione alla destra del Padre (cfr. Cl 1:19-20; Ef 1:9-10).

Nonostante Gesù sia tornato in cielo, egli è il capo sopra ogni cosa nella Chiesa, il capo supremo a cui gli anziani-pastori di ogni chiesa locale dovranno rendere conto del loro operato (1P 5:1-4).

Per la riflessione personale

o lo studio di gruppo

1. Quali cose possiamo imparare dalla preghiera di Paolo in vista di rendere più efficace la nostra vita di preghiera?

2. Qual è il ruolo della chiesa nell’opera di compimento di ogni cosa da parte di Cristo (cfr. Gv 15:1-8,16)?

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19 febbraio 2014 3 19 /02 /febbraio /2014 15:34

Il cervello non si accontenta semplicemente di riconoscere visualmente le immagini. E’ nel cosiddetto “centro del linguaggio”, in cui la frase viene analizzata alla luce di informazioni precedentemente accumulate, che le parole rivestono il loro significato adeguato. Questo centro ha una capacità fenomenale. Contiene decine di migliaia di parole con tutte le loro sfumature. Ma avviene ancora altro; determinate parole e proposizioni destano in noi sentimenti positivi o negativi. Spesso fanno persino riaffiorare immagini impresse nel più profondo di noi stessi. Così ogni parola mette in opera una quantità impressionante di informazioni suscettibili di essere richiamate in una frazione di secondo per essere trasmesse al nostro essere cosciente. Quando la voce di Dio si rivolge con la Sua Parola ed il Suo Spirito alla vostra coscienza, come reagite? E’ questa una voce da voi udita molto spesso ed a cui avete resistito fino ad ora? Possano avere per voi tutto il loro significato i termini che Egli impiega nella Sua Parola! Lasciatevi convincere da Lui. La Sua bontà vi spinge al pentimento. Il Suo amore vi invita a venire a Gesù per avere la vita eterna ed una parte felice con Lui nel cielo per l’eternità. “Le parole che vi ho dette (disse Gesù) sono Spirito e vita” (Giovanni 6:63).

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19 febbraio 2014 3 19 /02 /febbraio /2014 15:33

Dio è per noi un rifugio e una forza, un aiuto sempre pronto nelle difficoltà. (Salmo 46:1) Gettando su di lui ogni vostra preoccupazione, perchè Egli ha cura di voi. (1 Pietro 5:7)

LO STRESS

Spesso sinonimo di ansia, questa parola moderna indica la reazione fisica, morale, psicologica di un individuo ad ogni aggressione esterna: rumore, ecc. (definizione data in un dibattito scientifico). Cure proposte: innanzitutto, impegno personale a reagire; in seguito, vita equilibrata; in caso di necessità: uso di tranquillanti. Soprattutto, lottare contro il più grande fattore di stress: l'isolamento. Occorre, dunque, trovare qualcuno che possa condividere timori ed ansie per impedire all'ansia di diventare angoscia. Questo consiglio era considerato fondamentale ed il dibattito si fermò qui. Avrà portato sollievo agli ansiosi? Senza dubbio è bene trovare un amico che sappia ascoltare. Ma dell'Amico per eccellenza, del vero Rifugio aperto a tutti, in quell'occasione, proprio non se ne parlò! Eppure Gesù Cristo è sempre disposto ad ascoltare, in Lui è la forza di cui abbiamo bisogno per superare tutto; in Lui pure è l'amore per comprendere tutto. Quando l'ansia ci stringe la gola, avviciniamoci a Lui, rifugiamoci vicino al Suo cuore. La Sua presenza ci calmerà, il Suo amore ci riempirà di pace. Colui che ha sofferto tanto per noi, subendo il supplizio infamante della croce e l'abbandono di Dio a causa dei nostri peccati, potrebbe ora essere insensibile alla nostra sofferenza? E’ Lui l'Amico che si compiace della vostra compagnia e che è sempre pronto ad ascoltarvi.

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29 gennaio 2014 3 29 /01 /gennaio /2014 21:07

Dio che è ricco di misericordia, quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con CRisto Gesù

(Efesini 2:4, 5

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21 novembre 2013 4 21 /11 /novembre /2013 19:13

Proverbi 26:4
“Non rispondere allo stolto secondo la sua follia, perché tu non gli debba somigliare”
...
C’era una volta una coppia con un figlio di 12 anni e un asino. Decisero insieme di viaggiare, di lavorare e di conoscere il mondo.
Così partirono tutti e tre con il loro asino. Arrivati nel primo paese, la gente commentava: “Guardate quel ragazzo quanto è maleducato… lui sull’asino e i poveri genitori, già anziani, che lo tirano”.
Allora la moglie disse a suo marito: “Non permettiamo che la gente parli male di nostro figlio.” Il marito lo fece scendere e salì sull’asino.
Arrivati al secondo paese, la gente mormorava: “Guardate che svergognato quel tipo… lascia che il ragazzo e la povera moglie tirino l’asino, mentre lui vi sta comodamente in groppa.”
Allora, presero la decisione di far salire la moglie, mentre padre e figlio tenevano le redini per tirare l’asino.
Arrivati al terzo paese, la gente commentava: “Povero uomo! Dopo aver lavorato tutto il giorno, lascia che la moglie salga sull’asino; e povero figlio, chissà cosa gli spetta, con una madre del genere!”
Allora si misero d’accordo e decisero di sedersi tutti e tre sull’asino per cominciare nuovamente il pellegrinaggio.
Arrivati al paese successivo, ascoltarono cosa diceva la gente del paese: “Sono delle bestie, più bestie dell’asino che li porta: gli spaccheranno la schiena!”.
Alla fine, decisero di scendere tutti e camminare insieme all’asino.
Ma, passando per il paese seguente, non potevano credere a ciò che le voci dicevano ridendo: “Guarda quei tre idioti; camminano, anche se hanno un asino che potrebbe portarli!

Il proverbio biblico avverte di non andare dietro alle critiche degli stolti e consiglia persino di non rispondere per non essere simile a questi.
Gli stolti ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa andare bene come sei.
Quindi, vivi come ti ha insegnato la Parola di Dio. Non guardare ne a destra ne a sinistra ma vai avanti!
Diranno forse che sei all’antica, retrogrado, bigotto, che non vuoi accettare le aperture mentali che offre il mondo ma tu, lasciali parlare, lascia che le loro parole ti scivolino addosso, perché quello che più importa, è l’amore che Gesù Cristo ha per te!

Proverbi 26:4
“Non rispondere allo stolto secondo la sua follia, perché tu non gli debba somigliare”

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14 settembre 2013 6 14 /09 /settembre /2013 01:52

Un grande pittore teneva un certo numero di pietre preziose sul suo cavalletto. I colori scintillanti degli zaffiri, degli smeraldi e dei rubini, attiravano sempre gli sguardi dei suoi clienti. Chiestogli perchè mettesse le pietre preziose in un posto così singolare, egli rispose che per lui c'era il pericolo che col tempo i colori diventassero opachi, e che il suo occhio si affievolisse, e che i colori chiari perdessero sulla tela la loro brillantezza. Perciò, per conservare lo sguardo acuto e penetrante, egli si serviva delle pietre preziose mettendo continuamente a confronto i colori della tavolozza con quelli dei gioielli, che non sbiadiscono mai. Noi pure corriamo il pericolo che, a furia di guardare le cose terrene che appassiscono, si attenui la nostra capacità spirituale di vedere. Com'è importante tenere i nostri occhi rivolti a Gesù Cristo! Guardiamo più spesso il Suo volto. Lo splendore del Cristo risorto e vivente accrescerà la nostra vista spi rituale e fortificherà il nostro cuore e la nostra vita. Questo ci aiuterà a camminare com'Egli ha camminato. Gli occhi della nostra anima non devono mai diventare opachi. Se guardiamo alla fragilità umana e alle tentazioni di questo mondo, è così facile perdere la nostra fiducia, ma se guardiamo a Gesù, la nostra intelligenza spirituale aumenta e la nostra fede si rinvigorirà. Se guardi te stesso, sarai nel dubbio; se guardi intorno a te, ti scoraggerai; ma se guardi a Gesù, sarai in ogni tempo tranquillo, sicuro e benedetto! Riprendi i veri colori e i veri principi della vita con il Salvatore del mondo, Gesù Cristo il Signore.

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14 settembre 2013 6 14 /09 /settembre /2013 01:51

L’uomo è stato definito, a giusta ragione, il capolavoro di Dio. La creazione in ogni sua parte è stata realizzata a motivo dell’uomo e per l’uomo, la più preziosa di tutte le creature. Qualche tempo fa è stato pubblicato un articolo nel quale si affermava che tra gli uomini e gli altri esseri viventi non esistono grandi differenze; in particolare l'articolo diceva che: "gli animali risolvono problemi, elaborano informazioni, inventano soluzioni innovative, proprio come l’uomo". Così da ogni parte si tenta di trovare riscontri alla teoria dell’evoluzione della specie, non si vuole ammettere quello che invece è evidente: l’uomo è diverso da ogni altra creatura. Non solo per la testimonianza che gli rende la struttura fisica, che per la sua funzionalità è meravigliosamente perfetta, ma soprattutto per le sue qualità spirituali. L’immagine di Dio è stata messa nell’uomo e anche se quest’immagine è stata rovinata dal peccato, l’essere umano rimane diverso da o gni altra creatura. Non vedremo mai una scimmia porsi i grandi quesiti della vita, né un leone riflettere intorno all’eternità, solo gli uomini sentono il bisogno di "guardare in alto" e di sperare in un’esistenza che vada oltre questa vita terrena. In noi uomini, infatti, Dio ha messo il pensiero dell’eternità e per noi uomini Gesù il Figlio di Dio è venuto a morire sulla croce, per mostrarci la Via che porta alla vita eterna. Il messaggio del vangelo è per noi in quanto siamo i soli in cui è stata messa l’immagine di Dio, prendiamone coscienza: l’uomo è diverso da ogni altra creatura.

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19 marzo 2013 2 19 /03 /marzo /2013 17:49
Nel tentativo assai discutibile di rendere più gradevole il messaggio dell’Evangelo e di attirare le persone ad ascoltarlo, si sta diffondendo la moda di ricorrere ai più bizzarri espedienti: “bizzarri” non certo rispetto agli stili di vita del mondo intorno a noi, ma rispetto ai metodi di evangelizzazione indicati dalla Scrittura e vissuti dalla Chiesa agli inizia della sua storia. Ci stiamo uniformando come accadde a Lot a Sodoma?!?

 

“…Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato»” (Mr 16:15-16).

 

La Chiesa si è sempre dovuta misurare con stimolanti sfide per testimoniare l’amore e la salvezza di Dio, sfide che nel corso dei secoli hanno visto protagonisti uomini e donne di Dio che, sacrificando sé stessi ed a volte anche la propria vita hanno affermato la loro fede in Cristo. Molte persone non erano erudite, di una cultura elevata, alcune hanno imparato a leggere attraverso la Bibbia, eppure esse sono state un potente strumento nelle mani di Dio per la diffusione del Vangelo. Con il loro modo di essere, la loro vita, le loro parole ed i loro fatti, hanno fatto vivere la Parola di Dio prima in loro stessi, poi nelle loro parole davanti al mondo.

 

 

Metodi e modi

 

Nel corso del tempo, anche le metodologie di evangelizzazione sono cambiate.

L’apostolo Paolo in Atti 17:22-23, per testimoniare agli Ateniesi, usa un elemento esistente, un dio sconosciuto, per introdurre il messaggio di salvezza, nel quale non sono sottaciuti gli elementi anche più “imbarazzanti” quali la morte di Gesù, e la sua resurrezione. Arrivati a quel punto  alcuni Ateniesi hanno bollato il discorso di Paolo come le “farneticazioni di un insensato”. È una metodologia rivoluzionaria che lo Spirito Santo, attraverso Paolo, adopera per arrivare ai cuori di quelle persone; tuttavia è intendimento di Paolo e dello Spirito Santo, in ogni caso, di annunciare con franchezza il messaggio del Vangelo, senza equivoci (At 9:28).

 

Oggi esistono diversi modi e mezzi per annunciare l’Evangelo: accanto alla classica predicazione e alla condivisione personale si sono aggiunti i giornali, la radio, la televisione, internet. Questi mezzi erano impensabili per i credenti della primitiva Chiesa; anche i nostri padri ne hanno utilizzato solo alcuni; nonostante ciò la proclamazione del Vangelo è andata avanti ed in molti casi va avanti tuttora, rispettando quello che è il principio neo-testamentario: completezza e franchezza.

 

Il messaggio non si dissocia mai dal messaggero, vi è una sintonia tra chi annunciava la rivoluzione di Dio e la propria vita rivoluzionata dal Vangelo, sia nel modo si esprimersi, sia nel modo di fare e di pensare. Queste componenti sono gli elementi indispensabili per il raggiungimento dell’obiettivo affidato alla Chiesa.

 

 

Nuovi orizzonti

 

Tenuto conto di quanto espresso fin qui, bisogna, purtroppo, constatare che sono in voga oggi nuove metodologie di presentazione del Vangelo, della buona novella, di quel messaggio rivoluzionario che ha sconvolto, in modo positivo, la vita di persone, di famiglie, di gruppi sociali. Qualche credente al grido macchiavelliano “il fine giustifica i mezzi” mette in campo modi, a volte bizzarri, per portare il messaggio di Gesù alle persone.

Sono tutti utili?

Sono rispettosi dei principi indicati nella Bibbia?

 

Internet ha aperto una nuova finestra sul mondo, in essa possiamo trovare anche alcune delle più fervide “intuizioni” su come si può proclamare in messaggio di Cristo, perché dobbiamo sempre ricordare che noi proclamiamo il messaggio di Cristo, non una nuova filosofia oppure un nuovo modo di pensare e di vivere la vita terrena.

 

Sicuramente i tempi sono cambiati, ovvero, il modo di comunicare tra le persone è cambiato, ma non i contenuti. Si sente parlare della crisi di valori (la famiglia, l’onesta, l’amore verso se stesso e gli altri, ecc.), argomenti che non hanno tempo perché sempre attuali, ma il limite di tali discussioni è che non hanno delle “ricette” valide per risolverli.

Noi credenti in Cristo possiamo portare il nostro messaggio di speranza ad un mondo disperato, alla deriva, ma quanto ci preoccupiamo “dell’involucro”? Dove lo poniamo questo messaggio? A quale mezzo lo affidiamo?

 

Il Signore Gesù ci ricorda che il vino nuovo va messo in otri nuovi (Mt 9:17), pertanto il nuovo messaggio non può essere contenuto in vecchi contenitori, ma anche l’esteriore deve essere testimone del nuovo interiore, rinnovato dallo Spirito Santo.

Se il messaggio del Vangelo è importante, le forme con cui lo si annuncia lo sono anch’esse perché le forme possono legittimare, rafforzare ed indirizzare il messaggio stesso ed il suo portatore. Devono esserci forma e sostanza.

 

Nuove tendenze, pertanto, sembrano affacciarsi nelle chiese, in maniera innocua ed accettate da credenti desiderosi di servire il Signore. Mettendo, però, insieme le singole modalità, i singoli eventi, essi nascondono una pericolosa filosofia: riuscire ad essere cristiani avendo modi di comportarsi, di comunicare simili a coloro che non hanno la speranza nel cuore. Il messaggio del vangelo, la buona Novella, non è più un messaggio di rottura, ma viene presentato come un qualcosa di diverso, un nuovo modo di pensare e di agire che può, pertanto, convivere con qualsiasi forma di agire e di pensare, purché questa non sia un reato. Le forme non sono più quelle rivoluzionarie del Battista, di Gesù, degli Apostoli, di Paolo, della primitiva Chiesa e dei credenti di qualche anno fa, ma il messaggio diventa sempre più timido, tiepido, nascosto in mezzo a parole che possono avere sensi differenti a seconda di chi le pronuncia e a seconda di chi le ascolta. Non viene più presentato un messaggio di rottura, ma un messaggio accomodante e rassicurante.

 

 

Alcuni esempi

 

• Un gruppo di fratelli ha organizzato, in occasione del Carnevale, una festa in maschera, nella quale poi hanno annunciato il messaggio del Vangelo.

Certamente organizzare una festa attira diverse persone, specialmente giovani e predispone in maniera positiva la persona non credente che vi partecipa; infatti non pensa minimamente che in una festa di carnevale si possa parlare del Vangelo. Invece si!

Alcuni credenti sono giunti alla conclusione che è possibile annunciare il messaggio di salvezza anche durante una festa in maschera; pensate all’apostolo Paolo, vestito da Cesare, che annuncia la salvezza…le feste in maschera esistevano anche allora!

 

• Per i festeggiamenti di Capodanno, in qualche Campo per giovani cristiani si è pensato di organizzare la serata di fine anno a suon di musica e balli, però prima di ciò si è pensato bene di parlare del Signore, di affidare a lui il nuovo anno, ma poi via alle danze…Si può passare un fine anno come ad un “veglionissimo di Capodanno” organizzato da qualche ristorante, con qualche variante sul tema. È forse anche per questo che alcuni Campi, che non hanno questo tipo di programmi, non si sono più svolti? Perché non hanno presa sui giovani?

Chiediamoci, fratelli e sorelle: cosa stiamo dando ai nostri giovani?

 

• Il canto, un meraviglioso mezzo espressivo che il Signore ci ha donato per lodarlo e ringraziarlo per le cose che ha fatto e per dire quello che lui è per noi.

Ci sono dei canti di lode al Signore (o che si ritengono tali), i quali però hanno bisogno di essere spiegati all’uditorio per capire che sono diretti al Signore; le parole si potrebbero adattare ad una moltitudine di persone e/o situazioni! Come capire la differenza?

Ci sono canti che hanno un testo molto vago, troppo vago, dove non compare mai la parola Gesù, Dio, Signore, ecc... è tutto sottinteso. Alcuni testi di cantanti famosi hanno la stessa caratteristica: sono credenti anche loro?

 

Molte musiche e testi composti da autori non credenti, tenuto conto di ciò che è stato detto precedentemente, potrebbero andar bene in una evangelizzazione per “attirare la gente è importante”. Le parole possono essere spiegate successivamente, se si vuole, se è necessario; ma, se l’autore di questi brani non è credente, come è possibile che abbia rivolto a Dio i suoi pensieri? Il suo talento è rivolto piuttosto a qualche ragazza a qualche donna o uomo

 È un “piccolo dettaglio” che può essere trascurato, in fondo è importante portare lì le persone per poter annunciare in pochi minuti l’Evangelo, il quale, tenuto conto del tempo globale dell’evento, risulta essere quasiuna parte marginale del programma.

 

Per non parlare poi dei testi in inglese diretti ad una platea di italiani. Se la musica e le parole devono comunicare qualcosa, in questo caso abbiamo la quasi certezza che molte persone non sapranno cosa hanno ascoltato.

Alcuni, purtroppo, evangelizzano così.

Dov’è andato a finire l’insegnamento degli Atti? Dov’è la rivoluzione che il mondo aspetta se la si propone con le stesse forme, lo stesso linguaggio, a volte poco comprensibile?

Non si generano forse equivoci sul messaggio stesso?

Vivere Cristo e testimoniare di Cristo è una realtà diversa.

 

Bisogna precisare, però, che in alcune circostanze, è possibile pensare di “sollecitare” la curiosità delle persone, attraendole con qualcosa: musiche, parole conosciute o altro.

Ma questo deve portare via poco tempo; la centralità di tutto deve rimanere il Vangelo, altrimenti diamo una visione distorta delle cose e non siamo dei buoni e bravi testimoni.

 

• X-Factor, l’ultima frontiera del talent–show. Ha molto successo negli Stati Uniti ma, negli ultimi anni, ha preso piede anche in Italia, dando alla luce nuovi talenti canori.

Il mondo “evangelico” poteva rimanere indifferente a tutto ciò? No di certo!

Pertanto qualcuno ha pensato di organizzare un X Factor “cristiano”, il J-Factor, (la “J” sta per Jesus - suppongo) nel quale si scoprono nuovi talenti nella musica cristiana, con tanto di giuria, eliminatorie e vincitore.

In fondo è un modo per far emergere talenti per la lode e la testimonianza per il Signore.

Ma perché allora, non andare direttamente ad X-Factor e cantare li? (Alcuni so che lo hanno fatto).

Perché si sente il bisogno tra credenti di misurare i propri talenti e di decretare chi è il migliore, fare dei festival della canzone “cristiana” e incoronare il vincitore?

E meno male che Gesù diceva che il minimo su questa terra sarà il più grande nel regno dei cieli! “Chi dunque si umilierà come questo piccolo fanciullo, sarà il più grande nel regno dei cieli” (Mt 18-4).

 

 

Il relativismo crescente

 

Tutti questi esempi reali - e potrebbero essercene altri - nascondono un nuovo modo di concepire in cristianesimo e della sua diffusione. L’evangelizzazione rispecchia sempre il modo di vivere della Chiesa, dei credenti.

In fondo, quando evangelizzo racconto qualcosa di me e, nel farlo, uso dei metodi che sono a me vicini, da me condivisi.

Allora, posso vivere la mia cristianità pur conservando qualche forma non totalmente “cristiana” e non parliamo di aspetti di secondo piano, ma del modo di comunicare il nostro credo al mondo.

Viene meno, inoltre, quell’elemento di rottura con gli stili mondani; viene proposto un modo “soft”, senza creare traumi, ma soprattutto viene esaltata l’importanza di scatenare la curiosità dell’uditorio, a discapito della centralità del messaggio di Cristo.

 

Quando queste forme non solo non vengono sufficientemente arginate, ma vengono portate all’interno delle nostre chiese senza filtro, senza che nessuno alzi la voce e cerchi un confronto con la Parola di Dio, senza che gli anziani verifichino cosa viene propinato ai propri giovani e meno giovani in questi campi e quali possono essere le possibili conseguenze, allora si aprono pericolose porte che ci costringeranno a continui rilanci, a continui compromessi.

 

Perché, per esempio, non organizzare per la notte di Capodanno un veglione per la chiesa, con tanto di balli e canzoni varie?

In fondo - si dirà - è stato fatto in un Campo biblico! Ecco che si realizzano eventi poco conformi ai principi biblici, ben lontani da quello che è lo spirito stesso del Vangelo! Ci troviamo così davanti ad una sorta di ostentazione della vanità “cristiana”.

 

Tutto è relativo, tutto è opinabile, ma la nostra base di confronto non è forse la Parola di Dio? Tutti gli inviti alla sobrietà dove sono andati a finire?

Purtroppo questo è il grande pericolo per le nostre chiese, dove il relativismo cresce sempre di più, dove il bianco diventa sempre più grigio ed è accettato come una “normale evoluzione dei tempi”.

Per rimanere nel campo musicale, i Salmi, che spesso vengono citati la domenica mattina, rappresentano, in parte, dei testi di musiche che si cantavano per il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe.

Oggi sono pervenuti a noi, in larghissima parte, solo i testi, non le musiche, ma i testi ci parlano di Dio e dell’uomo creato da lui.

 

Non è importante fare solo buona musica, ma che la buona musica veicoli il vero ed inequivocabile messaggio del Vangelo.

Altrimenti facciamo altro, come tutti i cantanti non cristiani. Perché alcuni cantanti cristiani non hanno più la capacità di cantare lodi al Signore che siano comprese da tutti coloro che le ascoltano (cristiani e non)?

Perché bisogna essere molto vaghi?

Per ragioni di tipo commerciale? O c’è dell’altro?

 

Paolo ci ricorda:

“Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente…” (Ro 12:2)

 

Ma soprattutto è Gesù a ricordarci:

“Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini” (Mt 5:13).

 

Come fa il sale a divenire insipido?

Noi siamo il sale della terra, un elemento di contrasto, difforme da qualsiasi altro modo di essere, di agire, contrario ad ogni logica umana e perversa, eppure così lineare e vera. L’uniformarci, anche se solo in apparenza, tende a rendere l’Evangelo insipido e pericolosamente “inutile”.

 

Alcuni potrebbero prendere il discorso di Paolo presso l’Aeropago per dire che ha preso spunto da un elemento pagano per annunciare Cristo. Vero, ma è solo uno spunto, non lasciamo che lo spunto diventi “ingombrante”.

In tutto il suo discorso non si sente per nulla parlare del dio sconosciuto e del suo altare o di altri déi.

Lo cita - è vero - ma poi il messaggio dell’Evangelo diventa centrale per lui.

Il discorso di Paolo è talmente chiaro che gli Ateniesi capiscono che è qualcosa di totalmente rivoluzionario, non conforme al comune pensiero, alcuni lo rifiutano, altri lo accettano.

 

Altri potrebbero prendere il passo di 1Corinzi 9:19-23 in cui Paolo afferma di essersi “fatto servo di tutto, per guadagnarne il maggior numero”.

Ma Paolo sta dicendo forse che è divenuto, ad esempio, uno senza legge (quindi che ha fatto qualcosa di illecito) pur di guadagnare qualche persona a Cristo?

Non possiamo pensare che questo passo, purché poi testimoniamo l’Evangelo, ci dia la “benedizione” per fare ogni sorta di cosa, lecita e non lecita.

 

 

A proposito di Lot

 

Ah è vero!

Quasi dimenticavo il titolo dell’articolo: “A proposito di Lot”!

Anche Lot pensava che alcune cose “grigie” sì, ma accettabili al fine di stare bene, sarebbero state gestite da lui con saggezza.

In fondo a Sodoma, dove andava ad abitare, non avrebbe mai fatto nulla di simile a quello che faceva la popolazione di quella città, ma con il suo comportamento poteva divenire una testimonianza per tutti. In realtà poi è divenuto una persona importante e di riguardo nella città, un giudice.

Eppure, nonostante la sua buona volontà e la sua conoscenza del  Dio di Abramo, egli non ha potuto più gestire queste cose, ha dovuto scegliere, ha dovuto pagare a caro prezzo la sua scelta iniziale.

 

Non possiamo illuderci di gestire ciò che non ci appartiene, perché queste cose, che non sono conformi alla volontà di Dio, prima o poi ci travolgeranno.

Le opere infruttuose di satana saranno distrutte, proprio come Sodoma, e non possiamo tenercele strette a noi.

 

Chiediamo, pertanto, al Signore di aiutarci ad essere dei testimoni franchi, veritieri, determinati nell’annunciare il Vangelo di Dio per quello che è e non per quello che gli altri vorrebbero che fosse.

 

Insegniamo ai nostri giovani la necessità di non conformaci ad una società che ci vuole tutti uguali.

Accettiamo anche il rischio di essere impopolari. È giusto che i nostri giovani sappiano cosa la Bibbia afferma, senza edulcorarne il contenuto. Forse non ne guadagneremo molti al Signore, ma davanti a Dio avremo fatto il nostro dovere.

 

Non cerchiamo i “numeri” nelle nostre chiese. Non sono forse milioni i cattolici nel mondo? Allora loro hanno ragione nell’interpretare le Scritture in un certo modo, perché... sono milioni?!

 

Ricordiamo a noi stessi ed ai nostri giovani che ci si può divertire e stare bene insieme anche non facendo necessariamente tutto quello che comunemente fanno gli altri giovani.

Satana ci costringerà a continui rilanci, a cose nuove, fino a quando saremo ben lontani da quello che il Signore ama.

L’essere cristiano non significa necessariamente soltanto avere convinzioni diverse su alcune realtà, ad esempio: la vita, la morte, ma vivere secondo la volontà di Dio, ricercandola ogni giorno e non avendo né vergogna per quello che si è né nostalgia per quello che non si ha e per quello che a Dio non piace.

 

I veri rivoluzionari siamo noi cristiani, il mondo ha bisogno della rivoluzione che solo l’amore di Dio può fare ed è giusto che quest’amore noi lo presentiamo così com’è, senza diluirlo con altri “espedienti”, con il rischio di rovinare il dolce sapore della salvezza di Dio.

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19 marzo 2013 2 19 /03 /marzo /2013 17:48

Illuminato dalla Parola

 

La Parola di Dio parla chiaro a questo proposito:

 

“Non siate come il cavallo e come il mulo che non hanno intelletto, la cui bocca bisogna frenare con morso e con briglia, altrimenti non ti si avvicinano!” (Sl 32:9).

 

Signore, ma questo Salmo lo hai scritto per me!

• Non so apprezzare il bene, se non conosco il male.

• Non so apprezzare  il pulito, se non conosco lo sporco.

• Non so apprezzare il cibo, se non conosco la fame.

• Non so apprezzare il calore di un focolare, se non conosco il freddo.

• Non so apprezzare la pace, se non conosco la guerra.

• Non so apprezzare la ricchezza, se non conosco la povertà (infatti, spesso i figli dei ricchi crescono viziati.)

• Non so apprezzare l’amore, se non conosco l’indifferenza.

 

Devo ammettere di essere come un animale senza intelletto che ha bisogno di morso e briglia per avvicinarmi a Dio!

Dio “permette il male” affinché possiamo apprezzare il bene che lui ci fa.

Naturalmente non era così all’inizio!

Nel giardino di Eden tutto era buono, ma Dio permise ad Adamo di essere tentato perché Dio cerca un amore che provenga da un cuore sincero, non da costrizione, così la caduta di Adamo ha provocato la rovina di tutta la creazione (Ro 8:22).

Inoltre il Signore non permette il male perché provi piacere nel farlo (la tipica argomentazione del non credente è: “Se ci fosse un Dio buono, non ci sarebbe il male!”) ma la Bibbia afferma esattamente il contrario.

“Poiché non è volentieri che egli umilia e affligge i figli dell'uomo” (La 3:33).

 

E allora dobbiamo concludere che, se non è volentieri, allora è necessario!

Dio usa questa vita infelice (che è fra l’altro conseguente alla nostra condizione di peccatori)  per portarci a lui; noi non saremo mai felici in questa vita perché siamo progettati, nel piano divino di salvezza in Cristo, per essere felici nella vita eterna, futura!

Tuttavia Dio ci concede momenti per provare già ora questa felicità: amore tra moglie e marito, amore verso i figli (che nessuno comprende a pieno fino a che non diventa genitore) per farci capire come lui ci ama!

Se mio figlio sbaglia, si ribella e mi delude, lo amo lo stesso: è pur sempre mio figlio!

Così Dio fa con l’uomo, una volta che si diventati figli si rimane tali, egli non ti ripudierà mai!

Questa è la risposta che dobbiamo dare a chi  ci fa questa domanda.

• Ameresti Dio se avessi tutto?

• Ameresti la luce se non conoscessi il buio?

 

Il male è necessario affinché noi acquistiamo intelligenza.

Attenzione: affermare che “il male è necessario” può apparire come un modo di parlare duro!

Non potremo dirlo se prima non l’abbiamo metabolizzato a fondo noi stessi, e se non l’abbiamo “discusso” e condiviso con Dio.

 

Il Signore non è un  sadico che gode nel tormentare i figli degli uomini, ma un Dio amorevole che usa la correzione come un padre corregge il figlio che gradisce!

Il Signore ci mette davanti la benedizione e la maledizione; ci fa conoscere la sua volontà per mezzo della Bibbia e, se noi ci discostiamo da essa, a malincuore è costretto a correggerci con afflizioni.

 

“Io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, onde tu viva, tu e la tua discendenza, amando il SIGNORE, il tuo Dio, ubbidendo alla sua voce e tenendoti stretto a lui, poiché egli è la tua vita e colui che prolunga i tuoi giorni. Così tu potrai abitare sul suolo che il SIGNORE giurò di dare ai tuoi padri Abrahamo, Isacco e Giacobbe” (De 30:19-20)

Dio usa con Israele e con tutti noi lo stesso metodo che usò con Adamo, lasciandoci liberi di scegliere tra l’ubbidienza e la conseguente benedizione, e la disubbidienza con la conseguente maledizione.

 

Così, su quel treno in ritorno dalla Polonia ho potuto condividere queste mie convinzioni con alcuni studenti, e quanto meno ho potuto constatare che mi sono stati ad ascoltare con attenzione.

Infatti, dopo l’orrore di Auschwitz stai volentieri ad ascoltare chi ti propone delle risposte alle domande che il viaggio ha suscitato.

 

Solo Dio sa quali frutti possano portare queste parole in quei giovani cuori, e chissà a distanza di quanto tempo… ma noi dobbiamo avere la convinzione che non saranno le nostre convincenti argomentazioni a convincere e convertire le persone, ma solo la potenza dell’Evangelo.

“Affinché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza degli uomini, ma sulla potenza di Dio” (1Co 2:5).


Dati Articolo
  • pubblicato nel numero di 
    Marzo 2013
  • categoria 
    Osservatorio
 
 
Dati Autore
Assemblea di Modena, via Di Vittorio
ARTICOLI DI CLAUDIO

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    19 marzo 2013 2 19 /03 /marzo /2013 17:35

    Perché Dio permette il male?

     

    La prima reazione naturale che viene dopo un viaggio ad Auschwitz è proprio: “Perché tutto questo?”

    Nel 1989 Ferdinando Camon intervistò Primo Levi, autore che tutti gli studenti del quinto anno studiano, specialmente in preparazione al viaggio ad Auschwitz. L’intervista termina con queste agghiaccianti affermazioni (ricordo che Primo Levi è morto suicida):

     

    Levi: “Devo dire che per me l'esperienza di Auschwitz è stata tale da spazzare via ogni residuo di educazione religiosa che possa aver avuto”.

    Camon: “Il che significa che Auschwitz è la prova della non esistenza di Dio?”

    Levi: “C'è Auschwitz, quindi non può esserci Dio” (Sul dattiloscritto, ha aggiunto a matita: “Non trovo una soluzione al dilemma. Continuo a cercarla, ma non la trovo”.

    (Estratti da Ferdinando Camon, “Conversazioni con Primo Levi”, Marlboro Press, 1989 pp. 41-44) 

     

    “C'è Auschwitz, quindi non può esserci Dio”.

    L’ateo trova naturale questa disequazione, per dare forza alla propria fede nichilista, mentre colui che genericamente ammette l’esistenza di Dio è fortemente tentato di incolparlo di quanto ha visto.

    “Perché Dio ha fatto questo?” è la domanda che più volte mi hanno fatto i ragazzi.

     

    Un primo passo è stato quello di distinguere l’espressione “ha fatto” dall’espressione “ha permesso”.

    Ma anche la domanda “Perché Dio ha permesso questo?” è una domanda seria e merita una seria considerazione.

    Perché Dio permette il male?

     

    Questo è un tema molto importante per noi credenti, ed è bene essere convinti di quello che testimoniamo a chi dichiara di non credere.

    Io  personalmente mi sono trovato più volte ad argomentare con Dio a questo proposito, e devo dire che per lungo tempo non mi sono trovato d’accordo con lui: ma quando noi siamo sinceri con lui e gli comunichiamo francamente il nostro disappunto, egli è fedele come un padre amorevole che spiega con pazienza le cose ad un bambino.

     

    Così un giorno, mentre passeggiavo nel parco sotto casa ponendo domande a Dio, egli tutto ad un tratto mi ha risposto mettendomi in testa i seguenti pensieri:

    “Se tutto ti andasse sempre bene, mi ameresti veramente di più?”.

    “Se non ci fosse la minaccia dell’inferno, mi saresti grato di averti salvato alla croce?”

    Così ho dovuto rispondergli con altrettanta  franchezza: “Onestamente no!”

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