26 gennaio 2011
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Così come lo spazio sacro è organizzato attraverso i santuari, il tempo sacro viene scandito dalle feste. Le fonti bibliche che fanno riferimento alle feste sono di due tipi diversi: esistono le
prescrizioni dei libri apodittici[1] e quanto sta scritto nei libri storici. Ma solo alcune delle feste ebraiche che si conoscono sono nominate in questi testi: la Pasqua e la festa degli Azzimi,
quella delle Settimane (o Pentecoste, šabu'ot), il Capodanno e la festa delle Capanne (sukkot). Per questi tre momenti festivi, secondo il dettato di Deuteronomio, 16 era prescritta la visita del
santuario (Gerusalemme, secondo la pratica post-esilica).[2] I tre periodi di festa (Pasqua, Pentecoste e feste autunnali) che menziona la Bibbia sono "legate al ritmo annuale dell'economia
agropecuaria"[2]. La pesaḥ è una festa primaverile, che celebra la ricchezza del gregge in espansione. Pentecoste è una festa delle primizie della terra. In autunno si svolgono il Capodanno ("festa
dello squillo di tromba"[3] o "festa della grande adunanza"[4]) e la festa delle Capanne (festa del raccolto)[5]. Si tratta di feste che si svolgono in più giorni e che prevedono l'astensione dal
lavoro e dalle pratiche del sacrificio. La prescrizione di vivere in capanne è comune ad altre feste di popoli mediterranei[2]. Nella Bibbia è ravvisabile un tentativo di rilettura delle antiche
feste tradizionali in funzione di collegamento agli episodi più significativi della storia del popolo ebraico, anche se solo la Pasqua è legata in modo esplicito alla fuga dall'Egitto. Oltre a
poter presumere che lo schema delle feste pre-esiliche fosse appunto scandito dai tempi dell'agricoltura, non si può definire meglio questo calendario: un documento epigrafico, detto Calendario di
Gezer (probabilmente del X secolo a.C.), scoperto ai primi del XX secolo dall'irlandese Robert Alexander Stewart Macalister, non aiuta a intendere lo schema delle feste, poiché non le menziona.