19 marzo 2010
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Storia Chi è nato a Roma, ed è stato battezzato e cresimato in San Pietro, considera i Giardini Vaticani i più belli del mondo. Forse è un' esagerazione, certo è che essi costituiscono, non solo
per i fiori rari, gli alberi secolari, le siepi ricche, ma per le costruzioni che vi si incontrano (torri, casine, belvederi, viali, per non parlare delle fontane), un unicum affascinante. La
particolarità sta nel work in progres Anche se, fin dai primi insediamenti, non mancavano ampi spazi verdi destinati, per lo più, a diverse coltivazioni o a zone boschive, dei Giardini propriamente
detti si può parlare soltanto a partire dalla fine del secolo XIII, con papa Nicolo III. I pontefici riservarono maggiore o minore attenzione al verde del Vaticano a seconda dei momenti storici
(e anche della loro particolare sensibilità) Certo, se il periodo rinascimentale fu particolarmente felice - è il momento in cui "arrivano" statue dell'antichità e soprattutto cominciano a
zampillare le famose fontane - è dal 1870, quando il Vaticano diviene l'unica dimora dei papi, che i Giardini assumono la funzione di spazio vitale. Di luogo, cioè, dove camminare, muoversi,
respirare. In baldacchino in carrozza, a piedi. Si tratta, comunque, di un inusitato insieme di "bellezze nascoste" che il pubblico poco conosce. Anche perché i Giardini sono molto grandi: quasi la
metà del minuscolo Stato, il più piccolo del mondo (copre un'area di 44 ettari), anche se, forse, il più potente. Architettura dei Giardini Work ih progress e nei secoli, dicevamo. Per rendersene
conto occorre dare un'occhiata alle "piante" e alle "vedute" disegnate da illustri artisti come Antonio Tempesta, Giovanni Maggi o Giambattista Falda, alla fine del ' 500 o nel '600. II visitatore
di oggi è attratto, certo, non solo dal complesso di questo luogo incantato, ma dalle molte meraviglie che vi sono racchiuse. Intanto lo colpisce l' insieme delle mura Leonine, la cinta muraria
sorta per difendere il Vaticano dai saccheggi. I tratti conservati sono essenzialmente due. Il primo, il più antico, è nei pressi della palazzina della Zecca. Qui è situata anche la fontana del
Sacramento o delle Torri, mentre addossata ad una delle torri dell'antica cinta è la graziosa Casina del Giardiniere. L'altro tratto, anche se assai rinnovato al tempo di Niccolò V, lo si può
vedere sulla sommità del colle ed include due maestose torri circolari: quella detta della Radio (fa parte, ora degli edifici della Radio Vaticana) e quella di Leone XIII , scelta da quel
pontefice, che vi fece costruire, accanto, una palazzina, come sua residenza estiva. I pontefici hanno amato (o non) i Giardini in modi diversi. Qualcuno ha cercato, qui un luogo tranquillo in cui
riflettere e riposare. E' il caso , in particolare, di Paolo IV, che diede incarico a un suo conterraneo, il napoletano Pirro Logorio, di costruirgli una villa particolare. Pirro Logorio era
architetto, pittore, antiquario (aveva da poco firmato gli affascinanti giardini di Villa d'Este a Tivoli). Nacque, così, quel girello ricchissimo, non solo dal punto di vista architettonico, ma
per le statue, i mosaici, le colonne che provenivano "dai templi ornati dell'antichi imperatori". Paolo IV non vide la Casina completata, conclusa nel 1561, sotto il pontificato di Pio IV Medici,
dal quale prese il nome. E', più tardi, moltissime statue classiche emigrarono in gran parte a Firenze (in dono al Granduca Cosimo I), quando Pio V, con la Controriforma, volle eliminare molti
elementi profani. Ma le trasformazioni hanno poco tolto a questo prezioso ornamento. Chi visiterà i Giardini incontrerà molte fontane, e da tutte trarrà piacere per l'occhio e per il cuore. Ma la
fontana più spettacolare è certamente quella della Galera. Forse la meno conosciuta dei Giardini Vaticani, è il risultato di tre secoli di elaborazioni ed interventi. Solo oggi appare in tutta la
sua "fantasticheria": uno scenografico galeone che spara zampilli e getti d'acqua dai suoi cannoni, una vera e propria nave dei sogni curata in tutti i minimi particolari, da fare la gioia di
grandi e piccini. Anche se appartata, è stata molto amata dal pontefice Maffeo Barberini, futuro papa Urbano VIII, che la celebrò con questo elegante distico latino: "Bellica Pontificem non fundit
machina flammas/ Sed dulcem belli qua perit ignis aquam ", che così si può tradurre: "La macchina da guerra dei papi non spara fiamme, bensì la dolce acqua che della guerra spegne il fuoco". Ma ce
n'è una specialmente cara ai romani: quella dell'Aquila, "vera e propria mostra dell'Acqua. Paola a Roma, destinata a fare da pendant all'altra grande mostra, cioè al Fontanone del Granicolo ",
come scrive Giovanni Morello nei Giardini Vaticani. Segnò l'arrivo, dal lago dì Bracciano, dell'Acqua Paola a Roma, cioè il ripristino dell'antico acquedotto di Traiano voluto da Paolo V. Un
importante segno di continuità. Non potevano mancare omaggi alla Vergine Maria. A lei sono dedicati il tempietto della Madonna della Guardia (1937), in ricordo dell'apparizione della Vergine al
contadino Pareto; il monumento in onore della Madonna di Guadalupe (1939), e la riproduzione della Grotta di Lourdes (1902) dove l'attuale pontefice conclude il Mese Mariano con la suggestiva
processione aux flambeaux. Ma anche San Pietro ha la sua statua: grande e bronzea, campeggia su un tondo piedistallo ed è l'emblema dei Concilio Ecumenico Vaticano I. Anche questo monumento
testimonia, con i suoi spostamenti, riduzioni e "abbassamenti", la continuita dei lavori in corso. Tempietti, casine, grotte, torri, ma anche fiori, piante, verdeggianti prati. Convivono,
ecumenicamente, specie esotiche importate dai continenti lontani, America e Asia, ed esemplari della flora mediterranea. Un tripudio di colori, dì profumi, di forme, che raggiunge in primavera, e
soprattutto a maggio, il suo massimo splendore. Citiamo a caso: nel centro del piazzale di Santa Marta (l'albergo dei prelati, posto alla sinistra della basilica di San Pietro), si trova un
rigoglioso giardino quadrato, abbellito da sei maestosi lecci (Quercus ilex), vecchi di una settantina d 'anni, alti diciotto metri, con chioma ad ombrello di una quindicina dì metri, attorno
cipressi e tassi a piramide La sistemazione la volle Pio XI. Poco distante ci imbattiamo in due magnifiche magnolie grandiflora, alte quattordici metri, mantenute, con potatura annuale, a forma di
piramide e il cui profumo, in epoca di fioritura, fa girare la testa. Ornano la chiesa di Santo Stefano degli Abissini due Ginkgo biloba, di origine asiatica. Impossibile raccontare tutto: dai
giardini all'italiana ai ricco vivaio, al bosco, un vero bosco che copre due interi ettari. Qui c'e anche un chiosco cinese in bronzo, luogo prediletto di Giovanni XXIII, che vi si recava a
pregare. E per finire ancora un work in progress. I visitatori incontreranno subito dietro il Vaticano un ampio tappeto verde scuro, costituito da erba Dichondra repens, dedicato allo stemma
papale. Una parte è fissa, cioè le Chiavi di San Pietro ed il Triregno, una mobile e rappresenta il simbolo araldico del pontefice regnante, oggi Giovanni Paolo II, contraddistinto da una croce e
una M, segno dell'intensa devozione del papa per la Madonna. L'emblema è disegnato da pianticelle, alte venti centimetri, di Evonimus variegatum, giallo oro. Per il papa "della carezza ai bambini",
Giovanni XXIII, i giardinieri si espressero in tutta la loro fantasia. Si trattava di disegnare una torre e un leone all'ombra, si fa per dire, di due splendidi esemplari dì Sophora japonica
pendula, alti quattro metri dalla chioma lussureggiante.